Alcuni tra gli uomini più saggi che ho incontrato durante il mio viaggio ritenevano che il potere logora chi ce l'ha. Gli uomini che riescono ad ascendere ad un grande potere su questo mondo spesso trascorrono buona parte della loro vita ad accumularlo, e la restante parte a cercare di difenderlo dagli assalti dei giovani che intendono bere dal loro stesso calice. Non posso fare a meno di chiedermi da quanti secoli, ormai, tutto ciò si ripete. Come non posso fare a meno di chiedermi se anche io farò la stessa fine.
Ho veduto molti uomini virtuosi venire corrotti dal potere. Li ho visti cambiare sotto i miei occhi, ho visto i loro intenti mutare inesorabilmente, le loro azioni divenire spregevoli e le loro coscienze cancellarsi. Molti raccolsero più nemici di quanti potessero gestirne, altri invece vennero costretti all'esilio o ad un'umiliazione ben più pesante.
Mielikki mi ha concesso un grande potere. Mi ha dato la forza necessaria per affrontare ciò che mi aspetta e per realizzare i miei scopi qui. Spero che mi abbia anche concesso la forza necessaria per resistere a quelle tentazioni che resero spregevoli quegli uomini virtuosi.
Qualche giorno fa fui avvicinato da una mezzosangue elfica che sembra sia una specie di capo all'interno della Maschera della Pietra Lunare, dove attualmente abbiamo dimora. Poco prima un uomo aveva "osato" dire che un disastro successo al porto la notte precedente era certamente colpa di un capriccio della Perla Nera. Fu immediatamente allontanato dalla sala. La mezzosangue si avvicinò a me…e con gentilezza mi chiese se non gradivo quello che accadeva. Gentilezza…sarebbe più opportuno definirla arroganza di chi sa di potersi permettere di fare ogni cosa. Ad ogni modo la cosa non mi ha contrariato più di tanto. Non sono abituato a prendere le difese di chi, con la sua stupidità, mette in pericolo la sua vita. E poiché la donna si riferiva anche agli spettacoli offerti, le dissi che ero abituato a qualcosa di più…rustico. Lei, con educazione, accettò la mia "critica" e mi disse che la Perla Nera desiderava incontrarmi. Maleyah desiderava incontrarmi. Di norma questa non è mai una buona notizia ma c'è qualcosa in quella donna che mi incuriosisce e mi attrae, e mi spaventa allo stesso tempo. Inoltre non ero in condizioni da potermi permettere un rifiuto, per cui lasciai che la mezzosangue mi guidasse fino all'esterno dove trovai una cavalcatura che mi attendeva. Un Percheron, un magnifico esemplare di cavallo da battaglia. Tra i suoi simili quasi un titano. Era stato certamente curato, educato e allevato con ogni riguardo ma del resto il buon gusto di Maleyah non è mai stato in discussione. Conosceva la via che dovevo seguire.
Il tragitto fu abbastanza breve nonostante la dimora di Maleyah fosse situata poco fuori il centro urbano vero e proprio. Quel che vidi durante la cavalcata fu raccapricciante. Il genere umano era come se non esistesse più, soppiantato e annientato da un opportunismo che a tratti sfiorava il cannibalismo. La città che prima veniva definita come il "gioiello del nord" era divenuta peggiore di qualunque covo di criminali. Omicidi, furti, stupri, ogni genere di queste cose era divenuto all'ordine del giorno. Credo che solo la mia stazza, unita a quella del cavallo, mi abbiano permesso di passare indisturbato per quel che resta delle strade di Neverwinter, che non è neppure l'ombra di ciò che è stata in passato.
Raggiunsi quindi il confine con una dimora signorile, circondata da una sorta di muro di cinta. Una specie di confine tra una realtà disastrata e una da sogno…o incubo. Tutto dipende dal cuore di chi lo oltrepassa. Il percheron saltò un muro invisibile e mi condusse all'interno di quello che sembrava un giardino. Un luogo a tratti incantevole, ma che trasmetteva la sgradevole sensazione di essere continuamente osservati in ogni dove. Sinistre presenze alimentate da una nera magia che scrutano chiunque oltrepassi quel confine. Invisibili all'occhio dell'uomo, ma ben chiare al suo istinto. Vi era anche un piccolo lago di acqua termale, il cui vapore si sollevava leggero nell'aria, in un inesorabile cammino verso l'alto. E da quella riva una creatura che mi studiava attentamente. Una sorta di unicorno…ma fatto di oscurità e di fiamme. Un "incubo"…così viene chiamato a quanto sembra. Non era aggressivo ad ogni modo…mi scrutava ma non era intenzionato a battersi, e non si oppose quando smontai da cavallo per raggiungere il portone della dimora di Maleyah.
Una costruzione imponente…in antitesi con tutto il resto della città. E con un vortice poco rassicurante sulla sommità. C'è chi dice che il coraggio dei berserker provenga in parte dallo loro incoscienza, ma se mi ha dato la forza di mantenermi saldo in quel luogo ebbene ben venga.
Venne ad accogliermi una bambina, con tutta probabilità un'adepta di Cyric. Sapevo che Maleyah avesse degli apprendisti con sé, quindi non fu una totale sorpresa. Mi condusse all'interno del palazzo e visitandolo quasi mi sembrò di essere trasportato in un'altra realtà. C'era calore, musica, a tratti forse anche allegria. Ricordava molto le terre calde del sud, da dove lei proviene. Raggiungemmo quindi una porta, i cui intagli erano così finemente lavorati da sembrare vivi, e la piccola adepta la aprì con una goccia del suo sangue. Mi fece quindi accomodare in un salone in attesa che Lei arrivasse. Al contrario di molte altre donne…non si fece certo attendere.
Devo ammettere che la sua presenza è sempre uno spettacolo per la vista. Possiede una bellezza e una sensualità del tutto fuori dal comune, capaci di affascinare chiunque, dal più educato dei nobili fino al più indomito dei selvaggi. E lei lo sa. Se non fosse per quella vasta e maligna aura che emana molto probabilmente troverei anche gradevole stare in sua presenza. Mi pose una domanda che mi aspettavo, ossia come mai, pur potendo creare una barriera tra me e la sua aura, avessi scelto di "subirla". Le risposi con sincerità: convivere con la paura che ella generava sarebbe significato non dover temere più niente. In un certo senso la cosa le piacque e aveva intuito che stessi usando la sua presenza come un allenamento.
Fui sorpreso nell'apprendere che la sua intenzione era soltanto quella di dialogare con me. Un comportamento che mescola il voler conoscere un futuro nemico col semplice diletto di una conversazione. E avendo potuto valutare quanto stupidi siano gli individui in questo luogo e in questo tempo non trovo affatto sorprendente che Maleyah possa trovare stimolante parlare con me. Non credevo invero che potesse essere così curiosa. Mi ha domandato del mio incontro con Mielikki, durante il sogno. E della spada che ora porto con me. Ha persino voluto tenerla in mano ma quest'arma sembra dotata di una volontà propria, e non ha gradito per nulla la compagnia della Perla Nera. Tremava, vibrava, avrebbe gridato se avesse potuto. I suoi sentimenti per Lei erano più che ricambiati: odio reciproco. Odio di una volontà che forgia una lama per abbattere un cuore nero. Odio di un cuore nero che riconosce qualcosa creato per distruggerlo. Mi sorprendo ogni giorno di più di come io e Maleyah abbiamo potuto trovare un accordo per coesistere, almeno per un po'. E per quanto detesti ammetterlo, anche in questo caso il nemico del mio nemico è mio amico.
La nostra conversazione, purtroppo, fu brutalmente interrotta. E dire che era gradevole, come qualsiasi cosa accompagnata dal vino di fuoco del resto. La bambina che mi aveva accompagnato nel salone sembrava avere qualcosa di urgente da dire, che si rivelò essere la notizia della cattura di un uomo…lo stesso che aveva accusato Maleyah del disastro avvenuto al porto di Neverwinter. In quel momento ebbi una dimostrazione del suo reale potere. La sua voce fu una condanna a morte per quell'uomo, la cui colpa era essere così stolto da sfidare qualcosa di irraggiungibile per lui. Lei pose fine alla sua vita col solo pensiero. In quell'attimo la sua aura divenne un peso insopportabile e fui costretto ad alzare, alla fine, una difesa…o avrebbe danneggiato anche me. Il corpo di quello sventurato fu portato via…e la piccola avrebbe subìto una punizione per non essere stata capace che il caso evitasse di arrivare fino alla sua maestra.
Maleyah mi offrì di non assistere a quello spettacolo, per evitare che mi venisse in mente di reagire in difesa del condannato. Ma non posso essere il paladino degli stupidi. Ogni uomo dovrebbe conoscere i propri limiti e riconoscere quando può o non può agire. Non posso essere come quei guerrieri sacri tutti fede e fervore. Così statici…così dogmatici…così vuoti. Io scelsi di rimanere…era un'occasione unica per vederla all'opera e non si è certo risparmiata. Terminata l'esecuzione lasciai cadere la mia difesa e la nostra conversazione riprese.
Più la mia conoscenza di Maleyah si approfondisce e più sono le domande che essa genera. Domande che ovviamente sono in gran parte destinare a rimanere senza risposta. Noi siamo gli opposti…opposti che per ora si attraggono in qualche modo, ma il cui destino è scontrarsi. E duramente. Forse è proprio per questo che Mielikki mi ha donato un'arma che ormai era divenuta mito: la Lama dei Rashemi. Una spada il cui forgiatore resta avvolto nel mistero più totale, ma che venne creata col chiaro intento di creare un guardiano per la gente dell'Est. Quest'arma doveva rimanere a Rashemen e attendere un fiero guerriero degno di rivendicarla. E invece è qui…nelle mie mani e nella Costa della Spada. Che abbia io trovato quello che tutti i guerrieri cercano dal principio? Che il futuro scontro tra me e Maleyah sia la madre di tutte le battaglie? Vorrei saperlo…e in un certo senso non vorrei saperlo allo stesso tempo, perché la risposta a questo interrogativo giungerà soltanto quando il mondo non sarà più grande abbastanza per contenere entrambi.
Mi piacerebbe tanto sapere come mai la mia mente non possa fare ma meno di viaggiare verso il futuro in modo così autonomo. Ci sono ancore moltissime cose che devono essere fatte. Molte case da riedificare, molti nemici da annientare, molti cuori da risvegliare e molte lame da forgiare. Manterrò la concentrazione su questo presente. Dopotutto, nonostante il disastro che regna in questa parte di mondo, qualche gioia mi è ancora rimasta.
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