venerdì 8 giugno 2012

Il sogno, l'incubo e il viaggio attraverso il tempo


La notte prima del viaggio. Riesco quasi a sentire la pesantezza di questo momento che si avvicina, come se fosse un grosso cavaliere che si getta alla carica verso di me. Man mano che la distanza diminuisce la tensione cresce e a quanto sembra mettermi a scrivere è uno dei pochi modi per scaricarla…o allontanarla guantomeno. Sono giorni ormai che non riesco più a dormire. Ogni notte…ogni singola notte il mio sogno viene tempestato da incubi, come se qualche sinistra entità si divertisse a introdurli nella mia mente e mostrarmi scene orribili dei miei cari che vengono brutalmente fatti a pezzi. Perché mi accade questo? Non ho una risposta…soltanto un'altra infinita serie di domande. E' un presagio? Un avvertimento? Forse solo una paura smisurata che io non voglio ammettere? Non lo so…ma so che mi è accaduto e mi sta accadendo qualcosa. Sento che l'immobilità può condurre alla rovina. Sento di avere qualcosa di molto urgente da fare, ma più ci penso e più non riesco a comprendere di cosa si tratti. Magari non devo fare altro che attendere…dopo aver attraversato il confine del tempo tutto potrebbe divenire più chiaro.
[le parole sembrano interrompersi bruscamente. Si nota sulla pagina una sbavatura di inchiostro tipica di quando una penna cade di mano. Quanto segue, ad un'occhio esperto, apparirà come scritto molte ore dopo]
Se non avessi vissuto questa esperienza molto probabilmente stenterei a crederla reale udendo un racconto simile. E invece proprio io mi trovo a doverla narrare. Devo farlo…tenerla dentro è impossibile.
Qualche ora fa mi capitò di rileggere alcune parole da me scritte in precedenza. La mia riflessione sul bene e sul male, e su cosa possa condurre un uomo da uno schieramento all'altro. Proprio in quel momento qualcosa attirò la mia attenzione…un rumore…qualcosa di poco rassicurante che ha fatto in modo che scendessi nel giardino di Salix pronto a brandire la spada…spada la cui luce di smeraldo era forte, molto forte.
Il confine del bosco è molto vicino alla casa, e io sentii un'attrazione incredibile portarmi verso quel luogo. Così mi addentrai tra gli alberi camminando piano, come facevo nel bosco di Neverwinter, quando fingevo di essere una facile preda per far venire allo scoperto chi mi dava la caccia. Ma ciò non accadde…o almeno non come io lo volevo. Si…perché qualunque cosa mi abbia attirato lì mi stava aspettando. Una donna. Potevo udire distintamente la sua voce ma non potevo vederla. Le sue parole riempivano ogni grammo di aria. Era ovunque. Intorno a me, alle mie spalle, di fronte. Era una…ma mi aveva circondato.
<<Cos'è il bene…cos'è il male, rashemi?>> questo mi domandò. La foresta che era attorno a me iniziò a mutare di aspetto. Io rividi molte scene che caratterizzarono la mia vita, sia a Rashemen che nella Costa della Spada. La donna mi disse che io affermavo di fare del bene, eppure ogni mia azione, per benevola che potesse sembrare, nascondeva una conseguenza infausta. Ogni uomo che avevo ucciso avrebbe avuto i suoi figli a piangere sul suo cadavere. Persino il behir che avevo abbattuto mesi addietro avrebbe potuto avere come unico proposito quello di proteggere i suoi cuccioli non ancora nati dalla mia spada. Ma qualcosa non andava. Quel che mi veniva mostrato non lo percepivo come vero. Non nego di aver sparso molto sangue nella Costa ma non ho neppure mai attaccato io per primo. Furono i diavoli ad aggredirci, così come il behir, così come i troll o il lich. Potevano forse essere considerati creature innocenti tragicamente uccise? No, certamente no. Chiunque quella donna fosse sapeva molte cose su di me, ma quelle inesattezze fecero sì che potessi mantenermi saldo. Dopo qualche minuto…finalmente lei si mostrò ai miei occhi, avvolgendo dapprima l'aria con una luce violacea…sinistra…maligna. Poi apparve al mio fianco…e la riconobbi.


Era lei. Il mio "sogno". La donna del sud che conobbi nel bosco più di un anno fa. Aveva mantenuto fede alla sua parola ed era tornata a farmi visita, anche se lo aveva fatto portandomi nel proprio "regno": quello delle illusioni. Averla vicino mi procurava parecchia inquietudine. La sua aura era vasta, aggressiva e terribile. Come un'energia invisibile che ti punge la pelle e che potrebbe trafiggerti se cedi alla paura che essa genera in te. Paura che in qualche modo sono riuscito a tenere a bada. Parlammo. Lei non era interessata a scuotere le mie convinzioni e la mia fede. Voleva…soltanto parlare e ritenne che sondare la mia volontà potesse essere il miglior modo per cominciare. Io riposi la mia spada. Era inutile mostrarsi aggressivi o spaventati, tanto più che non potevo certo colpire un'illusione. Fui comunque impressionato dal fatto che stavo discorrendo quietamente con una potenziale nemica. 
Lei tornò a chiedermi cosa fosse il male e questa è la risposta che ottenne da me: <<male è un concetto molto più antico di me e di te. Esibire il proprio potere per il solo diletto di farlo, incuranti delle conseguenze...è male. Usare l'inganno e il sotterfugio per ottenere il potere...è male. Uccidere per divertimeno, causare inutili sofferenze, sacrificare un figlio al proprio dio, ritenersi degli dei tra gli uomini, ridere delle sofferenze degli altri o divertirsi a esserne la causa...questo è male>>. Ognuna di queste parole era un frammento di vita vissuta per me. Per questo uscirono dalle mie labbra spontaneamente. Una battaglia contro dei mulini a vento…così lei definiva questo conflitto. Eppure, tanto quanto me, non era certo disposta a cedere le armi e smettere di combattere. Lo fece in passato…commise questo errore e fu prigioniera della morte per decenni. Me lo mostrò…mi mostrò il suo supplizio, tutto ciò che aveva subito per mano di un signore oscuro di Bane molto noto nella Costa della Spada. Si sorprese nello scoprire che gli adoratori di Bane sono suoi nemici tanto quanto miei e fu "lesta", per così dire, nel farmi notare come le dovessi della gratitudine per essere ancora vivo e con una famiglia al seguito. Quando si offrì di mostrarmi cosa sarebbe accaduto se lei non fosse intervenuta io non potei sottrarmi. Ero curioso…morbosamente curioso. Ebbene ecco cosa sarebbe dovuto accadere. La Costa della Spada…ancora una volta. Il bosco di Neverwinter e le zone selvagge a sud erano state totalmente invase dai Drow e dai loro abomini, fuoriusciti da faglie aperte nel terreno, così come raccontò brevemente anche la Maschera. Io e lei osservavamo la scena da lontano…ma nel vedere un uomo in sella ad un cavallo nero mentre guidava la disperata difesa non potei fare a meno di riconoscere me stesso. Ero lì e stavo combattendo quella battaglia e malgrado la distanza potevo avvertire distintamente ogni emozione che il mio alter ego provava. C'erano anche Yun, che invocava Mielikki per combattere, e Rannik, impaurita e nascosta dietro Yun. Un massacro…sangue, rumore, stridore di metallo, grida, gemiti. La terra si macchiava di rosso e i cadaveri iniziavano ad ammassarsi da ambedue le parti. 


Cavalcavo come un ossesso verso i miei nemici, falciandoli uno dopo l'altro fin quando un cavaliere drow non riuscì a disarcionarmi. Per un attimo il mio cuore sembrò quasi fermarsi…quando vidi chi fu la "prima" vittima di quello scontro. La prima a cadere fu Rannik…trafitta da un gigantesco aracnide che era la cavalcatura di una celebrante di Lolth. Quella puttana drow…si era goduta ogni momento della sofferenza di mia figlia. Il dolore, la paura…e quella orrenda morte…spezzata in due dalle fauci di quel ragno e gettata al suolo. Sentii le grida di Yun, le grida di una madre disperata per ciò che aveva visto. Sentii la rabbia crescere in me e divenire incontrollabile. Sentii sempre di più che lo scontro poteva avere un solo esito.
La drow che si era presa la vita di mia figlia presto mi privò anche di Yun…trafiggendola con la sua lancia ed esibendola come un trofeo. E lei invocò il mio nome prima di morire…esalando l'ultimo respiro. Non passò molto prima che rimasi l'unico guerriero del mio esercito…e per forte che potessi essere non lo fui abbastanza. Il mio corpo veniva ferito, ancora e ancora e malgrado vendetti cara la pelle…alla fine il mio destino fu soccombere. Ecco cosa sarebbe dovuto accadere…da ciò ero stato "salvato". 
Quando rinvenni non fui più lo stesso. Lei era ancora al mio fianco e quando placai quella tempesta emotiva che avevo dentro si fece largo nella mia mente una consapevolezza: non a caso sarei tornato nella Costa, non a caso Mielikki mi apparve in sogno e non a caso mi donò la spada che ora porto con me. Da nebulosi e incerti i miei intenti divennero chiari come la luce del sole: i Drow dovevano scomparire. Tutti.
Io stesso mi sorpresi di quanto dissi alla donna poco dopo. Io sarei andato verso quelle faglie e avrei distrutto il popolo oscuro. A lei avrei ceduto ogni diritto sulle vite dei loro figli, affinché non potesse più esistere un'altra generazione di Drow contro la quale combattere. Il Bene e il Male…avevano un accordo ora. Io le avrei lasciato mano libera con gli infanti dei drow, e lei mi avrebbe lasciato mano libera con i genitori di Yun. Un buon accordo.


La sua visita giunse al termine e quando le chiesi il suo nome lei acconsentì a rivelarmelo: Maleyah, la Perla Nera del Calimshan. Finalmente il sogno aveva un nome.
Quando mi "svegliai" scoprii di non essermi mai mosso dalla mia stanza nella casa di Salix. Avevo la mano ferma sulla pagina di questo diario e sia Yun che Rannik stavano dormendo serene nei loro letti. Normalmente avrei potuto pensare di aver immaginato tutto quanto…ma io sapevo che non era così.
Il mattino seguente radunammo le nostre cose, e la Maschera ci condusse nel portale per passare oltre il tempo. Il viaggio fu breve ma estenuante. Fu come aver attraversato, in una corsa forzata, l'intero Faerun. Inutile dire che fui spossato quando mi ritrovai in uno dei luoghi più noti di Neverwinter: la Maschera della Pietra Lunare. Con l'unica differenza che, a quanto pare, eravamo circa trent'anni oltre il nostro presente. Pensai prima di tutto a trovare una sistemazione per Rannik, Yun e tutto il mio seguito, poi presi le poche energie che mi restavano e andai in cerca di Salix e Ricktor.
Gli inservienti mi guidarono fino ad una stanza alla fine di un lungo corridoio e quando vi entrai scoprii una verità che in sé aveva del sorprendente. Ma a pensarci bene non era poi più sorprendente di tanto. Il mascherato, il tipo misterioso che ci aveva condotti nella nuova e devastata Neverwinter altri non era che Shinorion. Parola mia mi ero quasi dimenticato di lui! Ma a quanto pare lui non aveva scordato noi. Sembra profondamente cambiato…è molto più sicuro, più determinato. E' certamente progredito in questi trent'anni e penso che la sua pericolosità abbia raggiunto un livello considerevole. Presi ad ogni modo posto in quella larga stanza e qualcosa mi fece subito mettere in allerta. Riuscivo di nuovo a sentire quell'aura maligna. Permeava ogni angolo di quel posto e poteva significare una sola cosa: Maleyah era lì. La vidi poco dopo, vestita come una donna del sud, sorridente, allegra persino e molto disinvolta. Se non potessi percepire la sua forza quasi divina stenterei a credere che si tratti di un così grande pericolo. Shinorion sembrava trovarsi perfettamente a suo agio con lei, mentre Ricktor era palesemente…teso. Non lo posso biasimare del resto…io stesso non capisco come faccia a mantenere la calma in presenza di Maleyah ma devo continuare a farlo. Ci fu un breve discorso, ma io non dissi che poche parole. Preferii stare in disparte e osservare gli altri.
Maleyah…non è certo il primo umano a possedere un potere così vicino a quello degli dei. Ve ne sono stati molti altri in precedenza eppure nessuno che si sia fatto avanti in un modo così "sfrontato". La sua potenza è tale che lei ritiene di non dover temere ormai più nulla, e a buon diritto oserei aggiungere. Chiunque sia in grado di manipolare un potere come il suo potrebbe ridurre in cenere chiunque solo con un gesto e dato il nero colore del suo cuore sono certo che sia già accaduto più e più volte in passato. Malgrado non abbia nulla contro di me al momento, io sento che presto o tardi un confronto con lei sarà inevitabile ma non so dire quando avverrà. E non so neppure se sia saggio lasciare che accada. No…certamente non lo è. Posso immaginare di confrontarmi con lei ma non ne uscirei certo vincitore. Non ora almeno. Per ora dovrò imparare a respingere questo istinto e a concentrarmi sugli altri mali da eliminare. In futuro…tutto potrà essere.


E' giunto il tempo di abbandonare le incertezze. Di abbandonare i dubbi e le domande. Di lasciarsi il passato alle spalle e di cavalcare verso il nostro destino. Il mio mi ha condotto qui ancora una volta e ora so perfettamente ciò che devo fare. Che gli adoratori di Lolth e di Bane preghino i loro signori al meglio delle loro possibilità, perché quando sarà il momento…della parola "pietà" farò in modo di non ricordare più il significato.

mercoledì 6 giugno 2012

In Sembia




La pace e la quiete possono avere uno strano effetto su chi, come me, è abituato a brandire armi si dalla più tenera età. Ci dà l'opportunità, o la sfortuna, di godere di qualche attimo di silenzio nella mente per poter riflettere e pensare. Non so dire se sia un bene o un male. Chi è abituato a combattere in ogni occasione ha, in genere, pochissime certezze alle quali aggrapparsi, e una di esse consiste nel credere di essere sempre schierato dalla parte giusta. Di combattere per un buon fine. Di uccidere per una buona ragione. Sono convinto che molti guerrieri, se interrogati, affermerebbero di servire il "bene". Mi viene da chiedermi allora come si possa arrivare a servire il "male". Cos'è il male?
Sono settimane, ormai, che i miei sonni sono perseguitati da incubi. Così reali da generare paure tangibili. Vedo i miei cari morire uno dopo l'altro, nella consapevolezza di non avere il potere di salvarli. Sono giunto persino a parlarne con Sheva, che ha certamente una saggezza infinitamente superiore alla mia. Sostiene che un sogno non sia semplicemente un parto di una mente dormiente, ma che sia un qualcosa di molto più mistico e potente di quanto non possiamo immaginare. Crede che da qualche parte, oltre le stelle, ciò che sognamo possa prendere vita e date le mie esperienze non posso darle torto. Ma crede anche che a volte possano aprire, ai nostri occhi, una finestra sul futuro. Premonizioni le chiama. Mi ha consigliato di usare molta cautela in questo caso. Lei ritiene che la differenza tra una creatura benigna e una maligna sia sottilissima a volte, specie nel caso di una conversione, e che quella sottile linea di demarcazione sia proprio la paura. Paura di un distacco, di una perdita, di un danno che riteniamo ingiusto. La paura…la via maestra per il male assoluto. Ci conduce all'attaccamento, alla gelosia, e di conseguenza alla brama di potere. All'inizio ci ripetiamo che vogliamo diventare più forti e potenti per difendere coloro che amiamo contro ogni minaccia, ma alla fine finisce per corrompere anche gli animi più nobili rischiando di trasformarci in tutto ciò che abbiamo sempre combattuto. 
Io ho paura. Temo per Yun, per Rannik, per le loro vite. Non ne comprendo il motivo, la mia forza e le mie vittorie dovrebbero darmi sicurezza. E' possibile che, inconsapevolmente, io stia varcando quella linea di confine? La paura di un loro distacco può condurmi al male? Se così fosse, cosa devo fare? Distaccarmi da tutto ciò che temo di perdere, o confidare che Mielikki, mia Signora e Regina, mi instradi sempre sul giusto sentiero da seguire? Il pensiero confortante è che fino ad ora mi sono fidato di Lei e non mi ha mai deluso. Che ciò che temo…possa non avverarsi mai.


Assieme a Yun e Rannik sono giunto in Sembia alla fine. Il Vremyonni a cui ho chiesto aiuto ci ha trasportati poco fuori da Ordulin, città che sembra essere la capitale di questo paese, e ho provveduto a trovare una sistemazione per la notte. Il giorno seguente mi sono recato dove Salix indicava, ad un giorno di viaggio a cavallo a est della città, una casa ai margini del bosco, circondata da alberi, prati e laghetti. Un piccolo paradiso in terra dal mio punto di vista e per di più quasi totalmente privo di neve o di intemperie. Non ero abituato a vedere una terra così…spoglia. Anche se sono conscio che non sia il termine più appropriato.
Raggiunsi quel luogo entro il tempo che mi ero dato: tre giorni dalla mia risposta a Salix. E così fu. La trovai nel giardino della sua villa, intenta a circondarsi di bambini che sembravano adorarla. Una visione piuttosto insolita se ripenso alla paura che ebbe di Rannik quando la vide la prima volta. Ammetto che faticai a riconoscerla. Mi aspettavo di essere accolto da Selenia, che avevo imparato a conoscere nella Costa della Spada, invece ora era solo Salix. Allegra, sorridente, gentile e affezionata. Non nego che mi ha fatto piacere poterla riabbracciare e trovarla in salute.


Abbiamo trascorso del tempo a parlare, prima delle nostre vite dopo la partenza dalla Costa, poi di quanto stava accadendo o stava per accadere. Salix scrisse, nella sua lettera, che mi aveva cercato per via di un pericolo che aveva o avrebbe coinvolto la sua vita e quella di suo figlio. Le dissi, tempo fa, che sarei potuto intervenire in sua difesa solo se si fosse messa nei guai involontariamente, e apprendendo della sua maternità non persi neppure tempo a chiedermi se questa condizione fosse stata rispettata. La detti semplicemente per scontata, ma lei stessa ammise che, al fine di attirarmi più in fretta, aveva elaborato una piccola bugia. Credevo di dover affrontare i suoi nemici in Sembia ma più lei parlava e più mi rendevo conto che tali nemici semplicemente non esistevano. Il reale motivo del mio arrivo lì era del tutto diverso. A suo dire stava per accadere qualcosa di terribile, qualcosa che ci avrebbe coinvolti tutti, lei e i suoi affetti, portandoci ad una morte tanto prematura quanto disonorevole. Inutile dire che la cosa causò un lieve conflitto tra di noi, non amo particolarmente essere raggirato ma stavolta non sono riuscito ad avercela con lei. Lo aveva fatto a fin di bene.
Anche Ricktor Plum, che fu capocomico della compagnia di teatro di Neverwinter, si trovava lì con noi. Sono rimasto un po' sorpreso nell'apprendere che era lui il padre del figlio di Salix, anche se sorpreso non è il termine più appropriato. Più vado avanti e più scopro che esiste ben poco ormai che possa suscitare la mia sorpresa.
In breve ecco perché eravamo stati convocati in Sembia: la morte sarebbe sopraggiunta per tutti, in un modo o nell'altro, ma avevamo la possibilità di poterla ingannare, per così dire, abbandonando il nostro tempo e trasferendoci in un tempo in cui tale pericolo non esiste più. Surreale…specialmente per un uomo come me. Attraversare il tempo e ingannare la morte. 
Salix ci mise un po' per convincermi ma istintivamente sentivo che quel che diceva era vero. Per questo accettai di seguirla. Mi ci volle comunque qualche giorno per metabolizzare la cosa, tanto più che il futuro luogo in cui saremmo dovuti andare si rivelò essere proprio la Costa della Spada. Ho la netta sensazione che quel luogo mi torturerà per sempre…


Tornai per un giorno a Ordulin a prendere Yun e Rannik, e poi tornai a casa di Salix. Restammo quieti, per così dire, per circa una settimana nell'attesa che un misterioso individuo, chiamato "il Mascherato", si facesse vedere. Lui era l'autore dei presagi di Salix, quello che la informò di tutto il male che sarebbe capitato a lei e a tutti noi, e lo stesso che offrì il passaggio nel tempo come via di salvezza. Ammetto che l'idea di dovermi fidare di un tizio che non vuole rivelare il suo volto non mi ha mai entusiasmato, senza contare che, dal momento che gli eventi fino a quel momento erano stati si sorprendenti ma comunque quieti, accadde qualcosa che rischiò seriamente di farli precipitare. Salix stessa mi disse che le due personalità che convivono in lei avevano trovato un modo per scendere a patti, ma quel che non mi disse fu che la tregua era estremamente fragile. E bastò una lettera di suo padre, e marito, per farla saltare. Lei avrebbe voluto suo padre al proprio fianco per attraversare il confine del tempo ma questi, in qualche modo si sottrasse, adducendo motivazioni delle quali, sinceramente, ho preferito non chiedere nulla. Non che me lo avesse descritto come la persona più affidabile di Faerun ovviamente, ma sta di fatto che Salix venne repressa ancora una volta e Selenia prese le redini della situazione. La notai uscire una mattina diretta chissà dove e armata di tutto punto e quando una donna come lei adotta questo "assetto" può voler dire una sola cosa: qualcuno si sarebbe fatto seriamente male. La vidi tornare soltanto in serata, mentre ero intento a discutere con Ricktor. Aveva l'aspetto soddisfatto di un sanguinario che aveva placato la sua sete…una sete anche piuttosto copiosa. Le sue lame erano piene di sangue essiccato, così come i suoi vestiti e anche i capelli. Un cambiamento radicale…neppure nella Costa Selenia aveva dato l'impressione di essere una così brutale assassina. Tra le sue vittime vi fu anche un uomo di legge tramite il quale lei fece annullare il proprio matrimonio e anche cancellare il suo nome. In breve fece in modo che Salix Sunshine non esistesse più. Non mi andò di giudicare il suo comportamento…anzi mi ritengo la persona meno in diritto di farlo. Lei uccise molte persone quel giorno, ma anche i miei passi poggiano costantemente sulle carcasse dei miei nemici e nella collera ho fatto cose molto peggiori che cancellare un nome. Istintivamente mi preoccupati per Yun e Rannik e lei se ne accorse per di più. Ma apparve chiaro fin da subito che non avrebbe fatto mai loro del male.


Trascorsero alcuni giorni…pochi a dire il vero, in cui nessuno di noi sapeva come far passare il tempo. Ricktor non aveva né il suo teatro né i suoi intrighi di città, Selenia non aveva prede da cacciare e io non avevo battaglie da combattere. Fu in una di quelle serate che mi ritrovai per qualche ora da solo con Selenia, e avemmo modo di parlare un po'. Lei mi chiese se Yun fosse già a conoscenza del nostro rapporto e dei nostri trascorsi nella Costa. Per gli Dei quando potrò avere un momento per dirglielo? Per quanto ancora dovrò portare questo peso sulla coscienza? Forse ancora per molto…non ho pagato abbastanza per il mio errore. Ad ogni modo non facemmo in tempo a finire il discorso. Lei scattò come un felino verso l'interno della casa poiché aveva percepito un pericolo per Viktor. Un istinto che solo le madri possono avere. Io la seguii dopo breve e alla fine trovammo il famigerato uomo mascherato che si era avvicinato alla culla del piccolo. Sia io che Selenia gli intimammo di allontanarsi e, anche se lui si fece "pregare", alla fine raggiungemmo il nostro fine. Lei prese Viktor e andò ad affidarlo a Yun, che fu ben felice di prendersene cura, e poi tornò da noi chiedendomi, nel frattempo, di evitare di attaccare briga col mascherato. Ce la feci…per la fortuna di tutti.
Quando fummo tutti riuniti, il Mascherato ci rivelò quella che sarebbe stata parte del nostro destino nel nuovo tempo. Fui sorpreso di apprendere che a me sarebbe spettato il compito di rimettere in sesto la zona a sud di Neverwinter. Il bosco, il monte Hotenow, le pianure selvagge, il Mare dei Morti e le Montagne della Spada. Tutto è stato praticamente spazzato via…e quindi anche Everantha e Naitheraska non esisteranno più lì dove andremo…consumate dalla malignità dei Drow, che a quanto pare hanno trovato il modo di raggiungere quei luoghi. Sembra proprio che dovrò darmi da fare non poco per far tornare in quel posto una parvenza di normalità e ho la sensazione che la spada donatami dalla Dea mi servirà…anche se non riesco ancora a comprenderne appieno il potere. Riesco solo a percepirlo…e so che è grande. 
A due giorni di distanza dal viaggio nel tempo, che era divenuto ormai una certezza, iniziammo a radunare le nostre cose. Una mattina mi ritrovai da solo con Ricktor a scambiare due parole. Ero interessato alle sue idee per Neverwinter, della quale a quanto sembra è destinato a divenire Re. In un certo senso la cosa mi rallegra, dato che dopo la morte di Nasher quella città è piombata nell'oscurità più totale, e Ricktor riuscirà certamente ad essere un regnante migliore di quel mercante troppo fortunato anche se sembra non avere ancora una linea d'azione precisa. A volte mi ritengo fortunato…mi sono sempre tenuto fuori dagli intrighi di città ma almeno ora ho ben chiaro ciò che devo fare. Ma tolto questo posi a Ricktor una domanda: lui e Salix avevano un figlio ora…cosa intendeva fare? Parola mia, non ero certo intenzionato a spingerlo a sposarla. Ma sta di fatto che quando lei, nei panni di Selenia tornò a casa, lui le chiese proprio questo. E fu divertente osservare il battibecco interiore tra Salix, che pronunciò un "si" incondizionato, e Selenia che invece non voleva saperne assolutamente di sposarsi. La lotta proseguì per un po' e alla fine Salix ebbe la meglio e Ricktor si recò a Ordulin per domandare l'ausilio di un sacerdote per la celebrazione del rito, chiedendomi gentilmente di fare in modo che Selenia non giocasse tiri sinistri. Dovetti ingegnarmi per far sì che questo non accadesse, dal momento che quell'infida aveva tutta l'idea di battere in ritirata. Credo proprio che portare via Daphne dal recinto sia stata una gran bella idea.
Alla sera Ricktor fu di ritorno e Yun si occupò dei preparativi per la cerimonia. Fu molto meticolosa e curò ogni dettaglio, aiutata anche da Rannik. Io, nel frattempo, dovetti occuparmi di andare a recuperare la sposa che si era nascosta in cima ad un albero per sfuggire al proprio destino, non mancando di maledire il mio nome per averle tagliato l'unica via di fuga possibile. Dovetti buttare giù quel povero albero per poterla recuperare ma alla fine tutto andò come doveva. 
Io, Yun e Rannik assistemmo alla cerimonia che, non lo nego, mi rattristò. Non certo perché provassi dispiacere nel vedere Ricktor e Salix unirsi, ma perché avrei preferito che al loro posto ci fossimo io e Yun…e lei se ne accorse per di più. Proprio per questo quando mi chiese se qualcosa non andasse le risposi con sincerità…e le chiesi di sposarmi. Per essere precisi devo dire che fu dopo averle rivelato che una parte del merito dell'unione che si stava celebrando era mio…e dopo che mi aprì una bella ferita sulla schiena per vendicarsi del mio "ritardo" nei nostri intenti e per essere invece stato così solerte nel favorire quelli degli altri. Ma ora la promessa è fatta.


Il viaggio si avvicina. Manca un solo giorno ormai e non nego che inizio ad avvertire una certa tensione. Detesto questa sensazione. La detesto profondamente. Ti si attacca allo stomaco e ti fa venire voglia di lacerarti le carni da solo pur di togliertela di dosso. Ti toglie la fame, ti rende irrequieto persino dentro il tuo letto facendoti scalciare come un cavallo imbizzarrito. E l'unica cosa che puoi fare è attendere che passi…che il tuo corpo in qualche modo riesca a sopraffarla. E' astuta questa dannata sensazione…si guarda molto bene dal mutarsi in rabbia perché troppo facilmente, in quella forma, potrebbe essere scaricata. 
Spero di riacquistare un po' di lucidità una volta passato oltre il tempo. Lì non potrò permettermi errori di nessun genere.